Il
computazionalismo
Lo schema che il computazionalismo
tenta di riprodurre è quello dove ogni capacità, ben isolata dal suo
contesto, è collocata in una serie di input e output che dovrebbero
chiarirla come espressione di una funzione computabile. Il cervello, in
altri termini, si comporta come un calcolatore di funzioni computabili
dove, dati per costanti input e stato della macchina, saranno
prevedibili output costanti. J.
Fodor ha in un suo libro del 1975 riassunto le caratteristiche
di questo approccio a un modello della mente.
La teoria, per essere accettata, deve
dare per scontati diversi assunti (vedi Cummins,
2000):
- anzitutto, che tutte le funzioni
psicologiche siano computabili. Questa è un'affermazione piuttosto
dubbia se consideriamo la mente come un sistema dinamico, che, in
natura, spesso non è descrivibile attraverso funzioni computabili;
- che le capacità psicologiche
possano essere specificate indipendentemente dalla loro analisi; in
altri termini che esse possano essere prese in considerazione
isolatamente rispetto al sistema che le analizza. Ma una funzione
cognitiva non può essere neppure specificata prima di
analizzarla; l'explanandum, in altri termini, non è
descrivibile distintamente dall'explanans;
- inoltre, la teoria ammette che
saremo in grado di riconoscere e caratterizzare gli input e gli
output rilevanti prima di spiegare come i secondi vengano computati
dai primi. Ciò naturalmente è una diretta conseguenza dell'assunto
precedente.
Infine, come nel modello BDI, si
richiede nel computazionalismo che le singole capacità siano, in
generale, analizzabili: dobbiamo cioè sapere come devono essere
computate le capacità di cui vogliamo descrivere input e output. |