Il
connessionismo
Il modello BDI di
spiegazione dei fatti psicologici, così come il computazionismo, sono
definiti modelli top-down: da uno studio delle capacità e degli
effetti osservati in psicologia cerchiamo di derivare un modello che
possa poi
adeguarsi, in linea di principio, alle strutture neurali che
costituiscono il sistema. Le neuroscienze
sono invece, come si è visto, un sistema di spiegazione bottom-up:
ritengono cioè che solo dallo studio delle strutture biologiche che
rendono anatomicamente possibile la mente sia possibile risalire a spiegare
causalmente i fenomeni osservati dalla psicologia.
Il connessionismo è anch'esso un
modello bottom-up: a partire da modelli elementari di connessione
neurale, si tenta di risalire a modelli sempre più complessi che
consentano di spiegare il comportamento; in altri termini, ciò che è
al centro dell'attenzione è l'architettura delle connessioni
neurali. Riprodurre questa architettura consente, sia pure in forma
idealizzata, di fornire un modello soddisfacente di ciò che nella mente
è la spiegazione dei fenomeni psicologici osservati.
E' evidente che connessionismo e computazionalismo,
benché opposti nella procedura di analisi della mente, hanno tuttavia
alcuni presupposti in comune: e fra questi soprattutto l'idea di una
mente intesa nella sua attività più propriamente teoretica e di
calcolo (il cui modello è, ad esempio, il giocatore di scacchi), e non
collocata in un ambiente, influenzata da emozioni, sensazioni e
necessità di adattamento istantaneo. E' proprio questa l'obiezione che,
a partire dagli anni '80, è stata portata ai modelli connessionistici e
computazionali: l'attenzione è stata riservata alle attività puramente
teoretiche della mente, dimenticando il fatto che la mente non vive
isolata, ma dentro un corpo, con il quale interreagisce in tempo reale;
e che questo corpo è, a sua volta, collocato all'interno di un ambiente
dinamico, che si modifica continuamente. Queste obiezioni hanno portato
alla nascita della cognizione situata, che
negli studi di Clark, Brooks e altri ha spostato l'interesse delle
scienze cognitive su problemi di modellizzazione più concreta della
mente.
Inoltre, entrambi gli approcci
ammettono, in linea di principio, l'idea di una mente non biologica,
affidata a una computazione meccanica. Questa impostazione impedisce, in
certo grado, che il gap di Leibniz, la distanza
fra la mente di cui parliamo e quella che le neuroscienze studiano,
possa in qualche misura essere colmata. |