Nuove vie: la
cognizione situata
Come
si è visto nelle sezioni sul connessionismo
e sul computazionalismo, il modello
di mente che viene studiato nelle metodologie top-down riguarda
unicamente le funzioni superiori della mente, quali il linguaggio, il
calcolo, il gioco degli scacchi e così via; si è cercato cioè di
modellizzare funzioni mentali sostanzialmente (o apparentemente)
indipendenti rispetto al corpo, lasciando quest'ultimo all'ambito del
puramente biologico, e giudicando irrilevante la collocazione concreta
della mente in un ecosistema per quanto pertiene allo studio delle sue
funzioni riproducibili da un software.
Negli anni '80 e '90 questo approccio
è entrato in crisi quando ci si è resi conto che, a differenza di un
algoritmo puro e semplice, la mente è biologicamente dipendente dal
corpo cui appartiene, e che interreagisce in tempo reale con il mondo
circostante. Il programma di Clark («Dare corpo alla mente») si
proponeva perciò di far evolvere la robotica permettendo al robot non
solo di eseguire i suoi algoritmi in termini di input e output, ma anche
di interreagire con il mondo esterno, ad esempio muovendo un braccio e
spostando quegli oggetti che prima percepiva come dati affastellati.
Questo nuovo atteggiamento veniva
approfondito in un articolo di Brooks
pubblicato nel 1991, nel quale veniva esposta una critica radicale al
concetto di rappresentazione che sta implicitamente alla base di
tutte le modellizzazioni top-down,
nelle quali la rappresentazione simbolica è per dir così il mattone di
base che consente la realizzazione del modello e lo studio delle sue
modalità interne. Le reti neurali, il tentativo di denotare i simboli
con strutture più complicate quali i neuroni artificiali, sono
tentativi di scendere a un livello subsimbolico, senza tuttavia una vera
presa di coscienza dell'importanza della reazione in tempo reale con
l'ambiente. La proposta di Brooks è, provocatoriamente, di rinunciare
completamente alle rappresentazioni per studiare unicamente le risposte
elementari all'ambiente, nelle quali ogni intenzionalità sia esclusa:
di perseguire cioè una robotica da scarafaggi («cockroach
robotic») nella quale l'attività di rappresentazione simbolica sia
sostituita senza residui dal comportamento regolato dall'ambiente. Dopo
di ciò sarà possibile studiare forme di cognizione situata sempre più
complesse: e questo secondo un percorso incrementale che procede da
sistemi intelligenti più semplici a sistemi più complessi. Il
tentativo di eliminare le rappresentazioni dal modello di spiegazione
proposto è però contraddetto dall'etologia cognitiva, secondo la quale
anche negli insetti, e a livelli molto bassi, sembrano essere presenti
fenomeni di comunicazione simbolica ben documentabili.
Due osservazioni conclusive. Il
tentativo della cognizione situata di ricollocare la mente nell'ambiente
e interpretarla come risposta intelligente (cioè efficace) all'ambiente
può essere letta come una riedizione variata della cibernetica, che
studiava macchine semplici (il termostato, il siluro guidato dal calore,
eccetera) che tuttavia grazie un meccanismo di feed-back raggiungevano
il loro scopo.
Inoltre, da un punto di vista puramente
epistemologico, anche la cognizione situata, come le neuroscienze,
è un tentativo di colmare il gap di Leibniz
partendo dal basso, secondo una metodica bottom-up:
e questa, come per le neuroscienze, è una metodica sicuramente più
aderente alla direzione della causalità che si richiede per una
spiegazione scientifica propriamente detta, che non si accontenti di una
semplice analisi funzionale. Ma, come per le neuroscienze, possiamo solo
osservare quanto sia ancora lunga la strada che la sperimentazione
neurobiologica deve percorrere prima di pervenire a modelli fondati
sulla comprensione sperimentale delle risposte sinaptiche alla base dei
fenomeni mentali più generali.
|