L'articolo di
Hempel e Oppenheim: «Studies in the Logic of Explanation»
(Philosophy of Science 15, pp. 135-175, 1948): la spiegazione
nomologico-deduttiva
Hempel e
Oppenheim affrontarono il
problema della spiegazione scientifica per gli explananda
costituiti da fatti particolari, spiegazione che può essere costituita
solo da una argomentazione deduttiva a partire da una o più leggi
generali (la cosiddetta legge di copertura) applicata a
condizioni empiriche particolari. La premessa cioè è costituita da una
serie di enunciati, comprendenti almeno una legge generale, che danno
origine alla catena deduttiva la quale porta alla conclusione che un
determinato evento si verificherà a partire da quelle premesse
(spiegazione potenziale); la spiegazione è vera
semplicemente se sono veri gli enunciati presenti nelle premesse.
Per la presenza della legge (in greco: nòmos) di copertura e per
la struttura argomentativa della spiegazione, questo modello viene
comunemente chiamato nomologico-deduttivo (o DN). Era ben chiaro
ai due autori che la spiegazione DN poteva soddisfare solo un numero
limitato di occasioni di spiegazione: inoltre veniva accennato, ma non
trattato, il problema delle spiegazioni statistiche, per le quali
nessuna legge universale priva di eccezioni è disponibile, ma solo
leggi statistiche legate alla probabilità.
La spiegazione DN come descritta da
Hempel e Oppenheim è stata sottoposta a numerose critiche, fra le
quali vanno ricordate quelle relative alla definizione degli enunciati
legisimili e alla reale efficacia esplicativa della legge universale. In
particolare, una legge universale può essere considerata la descrizione
della regolarità con cui si realizza un dato fenomeno: essa non dice perché
questi si verificano. In altri termini, la legge può essere
considerata un explanandum, e non può quindi svolgere il ruolo
di un explanans.
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